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Crisi?La soluzione è la deregulation!

Aumento del Pil di 5-6 punti in tre anni, consumi privati in crescita dell’8%, investimenti del 18%, esportazioni in forte aumento, con una robusta spinta all’occupazione (8%) e contemporaneamente ai salari reali (12%), è questo quello che si potrebbe realizzare secondo tre economisti di Bankitalia se si incentivasse la concorrenza nei servizi, in particolar modo nei settori del commercio, dei trasporti, delle comunicazioni, del credito e assicurazioni, delle costruzioni, dell’elettricità, del gas, dell’acqua.
L’aumento della concorrenza, infatti, condurrebbe ad una riduzione dei prezzi, ad un maggior consumo e quindi ad un incremento dell’occupazione e degli investimenti.
A renderlo noto sono stati Lorenzo Forni, Andrea Gerali e Massimiliano Pisani, in un working paper “Macroeconomic effects of greater competition in the service sector: the case of Italy”. Il paper non prospetta miracoli, ma semplicemente sottolinea come un graduale aumento della concorrenza sarebbe sufficiente a ricondurre l’attuale indice di profitto del 61% alla media dell’Eurozona che è invece del 35%, un livello comunque doppio rispetto a quel 17% registrato dalle imprese che producono beni e servizi.

Il margine record dei servizi “protetti” è reso possibile da barriere all’entrata, regolamentazioni dei prezzi e limitazioni alle forme d’impresa i quali, quindi, dovrebbero diventare le assi portanti delle deregulation.
Chiaramente gli autori lasciano campo libero ai politici per quanto concerne l’attuazione degli interventi, sebbene sottolineino che gli effetti positivi dovrebbero essere avvertiti anche sul welfare.
Tra il dire (economico) e il fare (politico) c’è di mezzo comunque il mare, e la crisi non aiuta di certo. Lo sanno bene Pier Luigi Bersani, padre delle ultime liberalizzazioni o il presidente dell’Antitrust Antonio Catricalà, che ha recentemente contestato l’impermeabilità delle professioni a ogni deregulation.
Staremo a vedere come finirà!

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