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La ricerca di una dignità artistica per il settore videoludico

L’industria dei videogiochi, quella legata essenzialmente ai prodotti da Tripla A, che consiste nei titoli ad altissimo budget, è da sempre assai restia a rilasciare dichiarazioni di tipo politico e sociali, per via dei molti interessi economici che sono in ballo nel settore. Parliamo infatti di titoli che nella migliore delle ipotesi hanno utilizzato dei budget che oggi nemmeno i migliori studi di Hollywood possono più permettersi. Il motivo e la differenza tra il settore del cinema e quello dei games sono evidenti: si fanno molti più soldi con un singolo titolo, specialmente se questo riuscirà a incontrare il favore del grande pubblico, diventando una saga di successo. Un case study rapido è quello sul gioco Grand Theft Auto V, il cui primo rilascio avvenne nel 2013 e fu subito evidente che sarebbe durato nel tempo. In effetti quando un titolo può permettersi un budget da oltre 270 milioni di dollari, è importante fare le dovute considerazioni su quale settore oggi sia più produttivo e stimolante rispetto a quello dei videogames.

Vuol dire che è stata fatta tanta strada rispetto agli anni novanta, quando venivano rilasciati titoli cult, per il gameplay e lo storytelling, ma ancora da perfezionare sotto diversi punti di vista. In effetti le cose sono diventate sempre più serie, dopo il 2000 e il decennio che si è da poco concluso fa emergere un dato ancora più importante e stimolante. Tuttavia proprio la reticenza nel rilasciare dichiarazioni di qualsiasi genere, se non di tipo commerciale e pubblicitario, ha creato un equivoco che in sede analitica andrà prima o poi risolto e svelato. La soluzione alle problematiche di legittimità, per esempio, non può prescindere dalla formulazione di un nuovo nome per l’oggetto videogioco, nome che lo possa svincolare attraverso una denominazione alternativa come nel caso di NetBet blackjack online per il contesto del gambling digitale. Questo è il principio attraverso cui si potrebbe ottenere una dignità univoca per il settore della videoludica. Tutto ruota sul concetto di svago e intrattenimento e ancora una volta il cinema può venire in soccorso dei videogames, per fornire la giusta base per una precisa connotazione da un punto di vista fenomenologico. È giusto che un’opera cinematografica faccia divertire e intrattenere il suo pubblico, del resto è proprio quello lo scopo, in moltissimi casi.

Eppure il cinema ha avuto una sua evoluzione per merito di storie, sceneggiatori e registi che hanno messo nelle loro opere qualcosa in più, quella cosiddetta quintessenza di cui ogni grande cineasta è alla ricerca costante, per poter ascrivere il proprio nome alla storia della settima arte. In questo momento vediamo come alcuni registi moderni abbiano la sensibilità e la consapevolezza per spingere il pubblico oltre il piano essenziale di visione. Pensiamo a registi come Christopher Nolan e Denise Villeneuve, che hanno realizzato opere come Dune e Tenet, dove il linguaggio viene pesantemente influenzato da espedienti narrativi e drammaturgici che sono volutamente nascosti al fine di dare quell’effetto straniante e vertiginoso, che tanto spesso troviamo proprio nei videogames. Questo non significa che il cinema attuale si sia ispirato ai giochi, ma sicuramente ci sono esempi dopo le due cose hanno una precisa e diretta contaminazione.

A dimostrazione del fatto che proprio come il cinema, il mondo dei videogiochi non è più un semplice passatempo, nato per intrattenere bambini o adolescenti, bensì è pura espressione artistica come potrebbe essere un quadro, una scultura o una rappresentazione teatrale. In questo contesto il pensiero di un autore di videogames può essere paragonato a quello di un cineasta o di uno scrittore di narrativa popolare. In qualche caso, a parte la macchina commerciale e produttiva, l’opera stessa è degna di significato e deve essere quindi supportata da una critica adeguata all’importanza storico-sociale del titolo in questione.

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