Il noto marchio britannico Burberry ha annunciato una drastica riduzione della propria forza lavoro globale: si parla di un taglio del 20%, che coinvolgerà migliaia di dipendenti.
In Italia, la situazione è particolarmente critica, con l’apertura di una procedura di licenziamento collettivo che interessa 39 lavoratori su circa 330 impiegati nella sede nazionale. Questo rappresenta un taglio superiore al 10% della forza lavoro locale. Inoltre, molti contratti a tempo determinato non saranno rinnovati, lasciando un senso di incertezza tra i dipendenti.
Motivazioni alla base della riorganizzazione
Ma quali sono le motivazioni dietro questa scelta drastica? Burberry giustifica la sua decisione come risposta alla necessità di una riorganizzazione interna, mirata a migliorare i margini di efficienza. Secondo l’azienda, la crisi che ha colpito il settore del lusso e il calo delle vendite nel circuito della moda hanno reso queste misure inevitabili. Tuttavia, i rappresentanti sindacali di Filcams, Fisascat e Uiltucs non ci stanno e affermano: “A fronte della chiusura dell’azienda alle nostre proposte, abbiamo deliberato l’apertura dello stato di agitazione.” Non è accettabile che la riorganizzazione ricada esclusivamente sui lavoratori.
Le sigle sindacali hanno messo in evidenza che la crisi del settore non giustifica solamente una riduzione del personale. “Burberry sceglie di licenziare a causa di scelte di business discutibili, investimenti esagerati e risultati economici al di sotto delle aspettative,” hanno sottolineato, ponendo interrogativi sulle scelte strategiche dell’azienda. Ma ci si deve chiedere: è giusto che i lavoratori paghino per errori di gestione?
Reazioni e conseguenze
La risposta da parte delle organizzazioni sindacali è stata chiara e decisa. Questa ennesima crisi del settore dimostra, secondo loro, la fragilità dei modelli economici adottati da molte multinazionali. “Quando i profitti crescono, si capitalizza senza redistribuire; quando il mercato rallenta, si scaricano i costi sui lavoratori. Questo non è accettabile,” hanno affermato, chiedendo una maggiore responsabilità da parte delle aziende nei confronti dei propri dipendenti.
Questa situazione non può non sollevare interrogativi su come le grandi aziende del settore moda gestiscono le crisi economiche e le loro ripercussioni sui lavoratori. Con la riorganizzazione già in atto, i sindacati si preparano a difendere i diritti dei lavoratori, mentre molti dipendenti si trovano a fronteggiare un futuro incerto. Ma alla fine, chi paga il prezzo delle scelte sbagliate? È tempo di riflettere sulle responsabilità condivise in un settore così dinamico e complesso.