Come preannunciato è arrivata la sanzione all’Italia da parte della Commissione Europea.
Il motivo?Il mancato adeguamento da parte del nostro paese degli standard di età pensionistica tra uomini e donne.
In nome dell’uguaglianza la Commissione ha infatti sottolineato come uomini e donne debbano essere messi sullo stesso piano per quanto concerne l’età pensionistica. L’intervento della Commissione è arrivato in seguito ad una sentenza della Corte di Giustizia che invitava l’Italia ad adeguarsi e prendere dei provvedimenti di modifica dell’età pensionistica per quanto riguardava le donne impiegate nella Pubblica Amministrazione.
Ma il Governo italiano non si è mai adeguato alle direttive di Bruxelles, così è scattata la sanzione.
Nel frattempo si cerca di correre ai ripari.
Il ministro Brunetta ha detto la sua, proponendo un piano per avvicinare l’età pensionabile delle donne a quella degli uomini.
Abbassando da 65 a 60 anni la pensione di vecchiaia dei maschi? Trovando una via di mezzo (magari a 62 anni) per entrambi i sessi? Niente da fare, l’uguaglianza del Governo è una sola, quella peggiore: tutti in pensione a 65 anni e tanti saluti. Certo, la proposta di Brunetta “è quella della perequazione dell’età pensionabile della Pubblica amministrazione in un decennio, i fondi risparmiati saranno dedicati al Welfare familiare“.
Un anno di aumento ogni 24 mesi, dunque. “Ho trovato grande convergenza con diversi ministri, ora è necessario anche un confronto con le parti sociali” conclude Brunetta. Ma il premier Berlusconi sembra di altro avviso, forse su consiglio di Tremonti dice che “in un momento di crisi mi pare fuori tempo intervenire in questa direzione“.
Ma c’è ben altro. C’è che ad esempio la condizione della donna sul lavoro in Italia sia anni luce da molti paesi dell’Europa, in particolare del Centro Nord. Non a caso il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, avverte: “La condizione generale delle donne in Italia fa sì che 40 anni di lavoro non corrispondono mai a 40 anni di contributi”.
Perché le donne in Italia fanno tutti i giorni i conti con “l’inesistenza dei servizi ai figli, alle persone auto sufficienti”. Per questo Bonanni dice che “bisogna essere cauti quando si parla dell’innalzamento della vita lavorativa delle donne. Si può anche discutere ma prima bisogna aprire una discussione anche sui servizi sociali e in particolare quelli rivolti alle donne che lavorano.