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Negoziazioni e sfide fiscali tra Europa e Stati Uniti

Con l’avvicinarsi della scadenza del primo agosto, l’Unione Europea si trova a un bivio cruciale: continuare le trattative con Washington o prepararsi a una risposta incisiva.

Se non si raggiungerà un accordo soddisfacente, Bruxelles potrebbe rispondere con un pacchetto di controdazi e misure punitive nei confronti delle grandi aziende tecnologiche statunitensi. È inaccettabile, secondo le autorità europee, che queste multinazionali, che generano profitti enormi anche in Europa, continuino a beneficiare di regimi fiscali favorevoli.

Le pressioni di Trump e il G7 di Kananaskis

La situazione è aggravata dalle recenti decisioni dell’amministrazione Trump, che ha imposto un accordo al G7 di Kananaskis, esentando le multinazionali americane dall’applicazione della Global Minimum Tax (GMT). Questa tassa globale al 15% dovrebbe colpire solo le aziende con fatturati superiori ai 750 milioni di euro all’anno, escludendo di fatto i giganti della tecnologia americana. Secondo l’Ufficio studi della Cgia, questa mancanza di equità fiscale potrebbe avere conseguenze devastanti per l’economia europea.

I dazi doganali previsti al 30% potrebbero innescare una serie di reazioni a catena, danneggiando le esportazioni europee e aggravando la svalutazione del dollaro. Inoltre, si prevede un aumento dell’incertezza nei mercati finanziari e un possibile incremento dei costi delle materie prime. Le stime indicano che il danno economico per il sistema produttivo europeo potrebbe arrivare fino a 35 miliardi di euro all’anno, un importo paragonabile a una manovra finanziaria.

L’ineguaglianza fiscale tra PMI e big tech

Nel 2022, le prime 20 multinazionali tecnologiche statunitensi hanno realizzato un fatturato globale di 1.345 miliardi di euro, un importo che si avvicina al 70% del PIL italiano. In Italia, queste multinazionali hanno registrato un fatturato di 9,3 miliardi di euro, contribuendo al fisco con solo 206 milioni di euro. Un confronto allarmante se consideriamo che le piccole e micro imprese italiane hanno versato nel 2022 ben 27,2 miliardi di euro in tasse.

Questo squilibrio fiscale mette in luce una realtà inquietante: le piccole aziende italiane, pur generando un fatturato 98,5 volte superiore a quello delle big tech, pagano 132 volte più in imposte. Questo fenomeno è stato amplificato da anni di elusione fiscale, che hanno creato un divario inaccettabile tra le multinazionali e le PMI italiane.

Una sfida a livello nazionale

Se allarghiamo l’analisi a tutte le imprese delle 20 regioni italiane, emerge che solo in Molise le attività economiche versano meno tasse rispetto alle multinazionali del web. Le aziende lombarde, ad esempio, contribuiscono 144,6 volte di più al fisco rispetto ai giganti della tecnologia, mentre le aziende laziali e venete versano rispettivamente 60,4 e 42,3 volte di più.

Questa situazione solleva interrogativi importanti sulla giustizia fiscale in Italia e sull’adeguatezza delle norme attuali. L’atteggiamento favorevole verso le multinazionali tecnologiche evidenzia la necessità di una revisione delle politiche fiscali europee per garantire una maggiore equità e sostenibilità economica. La battaglia di Bruxelles contro Washington è appena iniziata e le conseguenze delle scelte fatte potrebbero avere ripercussioni durature sul futuro economico dell’Europa.

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