Negli ultimi tempi, si è molto discusso dell’andamento dei rendimenti obbligazionari, in particolare quelli a lungo termine, come i titoli di stato a 30 anni.
È interessante notare come, in un contesto privo di rischi sovrani, il rendimento a lungo termine venga interpretato in modo differente rispetto a quando il rischio di default è presente. In un mercato dove le incertezze economiche sono all’ordine del giorno, il termine premium, ovvero il rischio legato ai cambiamenti dell’inflazione e dei tassi d’interesse a breve termine, assume un’importanza cruciale.
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Il rischio di default e la curva dei rendimenti
Quando parliamo di rischio di default, ci riferiamo alla possibilità che un emittente di obbligazioni non riesca a far fronte ai propri impegni di pagamento. Se il rischio di default aumenta, la curva dei rendimenti può comportarsi in modi che non ci aspetteremmo. Ad esempio, una maggiore variabilità nel rischio di default può far sì che gli spread dei rendimenti si amplino, portando a una curva dei rendimenti più ripida. Tuttavia, ci si potrebbe chiedere: esiste una misura pura del rischio di default? La risposta è no. Sebbene non esista una misura diretta, i Credit Default Swaps (CDS) per i titoli di stato statunitensi a diverse scadenze forniscono un’indicazione utile.
Andamenti recenti dei CDS
Negli ultimi mesi, i CDS a dieci anni per i titoli di stato hanno mostrato un aumento significativo. Ad esempio, i CDS sono passati da circa 36 punti base a 49.93, mentre quelli a cinque anni sono passati da 30 a 47.25 punti base. Questa crescita indica una crescente percezione del rischio di default, che si riflette anche nel valore del dollaro, che tende a scendere quando i tassi d’interesse aumentano. Ciò suggerisce che il mercato sta reagendo a un rischio di credito significativo, piuttosto che a timori di inflazione o monetizzazione.
Le implicazioni per gli investitori
Per gli investitori, questo scenario di aumento del rischio di default potrebbe comportare una serie di scelte strategiche. Se il rischio di default diminuisse, ci aspetteremmo che gli spread si riducessero, rendendo i titoli di stato più attraenti. Tuttavia, la realtà attuale indica che gli spread potrebbero rimanere più positivi del previsto, suggerendo che la correlazione storica tra recessioni e spread è meno robusta. Questo porta a una riflessione importante: un aumento del rischio di default non necessariamente indica un imminente rallentamento economico, ma potrebbe mascherare i segnali tradizionali di recessione.
Le dinamiche del budget e il rischio politico
Un altro aspetto da considerare è il legame tra il rischio di default e le politiche fiscali. Un budget a lungo termine, associato a un debito federale in continua crescita, crea un contesto di rischio politico che può influenzare le decisioni di investimento. Il rischio di default nel breve termine, legato a dinamiche politiche imprevedibili, deve essere bilanciato con le prospettive economiche a lungo termine. Gli investitori devono essere consapevoli che, mentre l’inflazione e la crescita possono aumentare le entrate fiscali, il rischio di default può ridurre l’attività imponibile e, di conseguenza, le entrate.
Conclusione
In sintesi, l’analisi dei rendimenti obbligazionari e del rischio di default offre agli investitori una prospettiva complessa e sfumata. Mentre i tassi d’interesse possono aumentare per una varietà di motivi, è fondamentale comprendere che il rischio di default rappresenta una causa particolarmente dannosa per l’economia. Con il crescente rischio politico e le incertezze economiche, gli investitori devono navigare un panorama in continua evoluzione, dove le decisioni devono essere prese con attenzione e considerazione.