Il 25 luglio 2018, il mondo dell’automobile ha perso uno dei suoi più grandi protagonisti: Sergio Marchionne.
La sua eredità, tuttavia, continua a plasmare l’industria automobilistica globale. Anche dopo sette anni dalla sua scomparsa, la figura di Marchionne resta un punto di riferimento imperdibile per la Fiat e per tutti coloro che hanno avuto il privilegio di vivere il suo periodo di leadership. Non è stato solo un amministratore delegato, ma un innovatore audace che ha sfidato le convenzioni, risollevando un’azienda in crisi e portandola verso un nuovo splendore. Come ha fatto a trasformare la Fiat? Scopriamolo insieme.
La sfida iniziale: salvare la Fiat
Quando Marchionne assume il timone della Fiat nel 2004, la situazione è critica. Le fabbriche italiane sono sull’orlo del collasso, il titolo in borsa è in caduta libera e la storica famiglia Agnelli sembra in ritirata. Con un background impressionante, che include lauree in filosofia, economia e legge, e una carriera in finanza internazionale, Marchionne sembra l’uomo giusto al momento giusto. Ma inizialmente, tanti dubitano di lui. Come può un canadese d’adozione e torinese di nascita risollevare un colosso come la Fiat?
Con determinazione e una visione strategica chiara, Marchionne inizia a ristrutturare il gruppo. Riduce la burocrazia, accorpa piattaforme e analizza ogni aspetto dell’azienda. Non si ferma mai. Lavora incessantemente, senza lussi. Già nel 2005, la Fiat torna in utile, un segnale di speranza che culmina con il lancio della nuova 500 nel 2007. La sua leadership è un perfetto mix di audacia e pragmatismo, che ha riacceso la passione per i marchi italiani.
Un audace salvataggio: l’acquisizione di Chrysler
Nel 2008, mentre la crisi globale colpisce l’industria automobilistica, Marchionne compie una mossa che cambierà le sorti della Fiat. Si dirige negli Stati Uniti, dove Chrysler è sull’orlo del fallimento. Riuscirà a convincere le autorità americane che Fiat può salvare l’azienda? La sua scommessa è alta, ma Marchionne ha sempre dimostrato di avere una visione chiara: integrare e snellire la produzione, vendere dove c’è margine.
Dopo intense trattative, riesce a fondere Fiat e Chrysler, dando vita a FCA, un colosso globale che ha cambiato le regole del gioco. La Jeep diventa il simbolo di questo successo, trasformandosi nel marchio di riferimento per i profitti dell’azienda. Marchionne non è un romantico dell’industria; è un pragmatista che non teme le decisioni difficili, sempre pronto a raccogliere le sfide che il mercato gli presenta.
Il lascito e i cambiamenti post-Marchionne
La scomparsa di Marchionne nel 2018 ha lasciato un vuoto profondo. Le sue decisioni, talvolta controverse, come la chiusura di stabilimenti, hanno scatenato polemiche, ma alla fine hanno portato a un’azienda più forte e solida. Sotto la sua guida, la Fiat è diventata un asset moderno e appetibile, con un fatturato che ha raggiunto i 100 miliardi di euro. Qual è il futuro della Fiat senza di lui?
Oggi, a distanza di dieci anni dalla fusione con PSA, l’ombra di Marchionne aleggia ancora sul gruppo. Ogni nuovo piano industriale viene confrontato con le sue scelte. Antonio Filosa, l’attuale CEO, ha recentemente dichiarato: “La mediocrità non vale il viaggio”, un pensiero che racchiude perfettamente l’approccio audace di Marchionne. La sua eredità è una lezione preziosa per le generazioni future nel mondo dell’industria automobilistica, un invito a non accontentarsi mai.