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Che succede al Bitcoin? Rispondono gli esperti con le stime fino al 2025

Un mese fa il Bitcoin ha iniziato un’impressionante discesa che non sembra essersi ancora arrestata. La criptovaluta si aggira ora a -30% rispetto ai massimi assoluti, è l’inizio della fine? Gli esperti sono di un altro parere.

Il quadro della situazione, con Bitcoin a 48.000 dollari

Bitcoin scende e scenderà ancora, secondo gli esperti. Ethereum, da sempre la “seconda” regina, ha addirittura guadagnato valore nella coppia BTC/ETH. Si tratta di pochi pips, chiaramente, ma è un’ulteriore conferma dell’attuale cambio di direzione. Tuttavia, gli esperti non sembrano essere preoccupati e ricordano l’ultimo drastico calo che a luglio aveva portato il Bitcoin sotto i 30.000 dollari. In più, la dominance corrente di Bitcoin sul market cap, dopo il breve calo del 9 dicembre, è appena riuscita a rimbalzare sopra il 40%.

Si tratterebbe solo di un’ulteriore correzione prima di un rilancio che porterebbe il Bitcoin ben oltre i massimi storici. Il sentiment sul lungo periodo, infatti, è ancora fortemente rialzista. “Qualcosa del genere farebbe impazzire la gente”, esordisce il noto trader e analista Scott Melker su Twitter, in merito ad un grafico allegato che mostra grossi rialzi per la fine gennaio 2022. Nel frattempo, gli esperti anticipano movimenti laterali o di consolidamento, senza rapidi spostamenti.

Il motivo del ribasso sorprende perché non c’è

La maggior parte degli analisti e dei trader professionisti non sono particolarmente preoccupati dai nuovi valori del Bitcoin. JC Parets, Chief Market Strategist per la Technical Research di All Star Charts, parla di un “ennesimo periodo di vendita”, ovvero di una fase di accumulo di cui le grosse aziende approfitteranno volentieri.

Da dove arriva tutta questa fiducia nella criptovaluta? Oltre ad avere uno storico passato di ripresa e ad essersi sempre dimostrata molto resiliente, occorre notare che il motivo del ribasso, fondamentalmente, non c’è. Ci sono solo dei “complici”.

  • Il primo fattore è il cambio di rotta della Federal Reserve, che potrebbe adottare una politica più aggressiva di fronte all’impennata dell’inflazione. Difatti, quando nel 2017 e nel 2018 la banca centrale statunitense aumentò i tassi, i prezzi del Bitcoin ne subirono le conseguenze. Tuttavia, la FED non ha ancora preso una decisione definitiva.
  • La seconda motivazione per il calo è la feroce ondata di liquidazioni di posizioni ad altissima leva finanziaria. Con i primi ribassi, chi aveva acquistato a margine ha preferito chiudere le posizioni, provocando così ulteriori chiusure. Ma questa è normale amministrazione per le criptovalute, sempre in preda a forti oscillazioni.
  • Infine l’emergere della variante Omicron rappresenta il terzo responsabile della flessione del Bitcoin, ma anche di tutto il mercato azionario poiché innesta un clima di paura e prudenza. Gli ultimi report suggeriscono però che Omicron non sia un nemico da temere, in quanto sarebbe sì più contagioso, ma anche meno pericoloso. Chi viene contagiato non riporta sintomi gravi e sviluppa gli anticorpi.

Ribassi o sconti da non perdere?

I trader che stavano per chiudere le proprie posizioni dovrebbero forse pensarci due volte, perché le previsioni per i prossimi cinque anni sono più che positive. Secondo DigitalCoinPrice, il prezzo di BTC supererà gli 111.000 dollari entro la fine del 2022 e, dopo mesi di oscillazioni, raggiungerà nuove vette attorno ai 164.000 dollari entro il 2024. Un’ulteriore scalata l’anno successivo dovrebbe portarlo oltre i 191.000 dollari, ma entrerà in gioco la barriera dei 200.000 dollari che opporrà resistenza.

Alcuni analisti sono ancora più ottimisti, come la Economy Forecast Agency che ipotizza i 200.000 dollari per token già entro il 2023 e il raggiungimento della quota record di 250.000 dollari entro il 2025.

Nel complesso, sembra non ci sia da preoccuparsi molto. Chi ha già posizioni soddisfacenti aperte deve stringere i denti, chi vuole inserirsi o ampliare la propria esposizione potrebbe approfittare degli attuali ribassi e considerarli dei generosi “sconti natalizi”. Dopotutto, è quello che stanno facendo molte aziende e istituti bancari.

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