American Apparel ha rappresentato un’epoca, un marchio iconico che ha incapsulato il sogno hipster americano.
Fondato da Dov Charney nel 1989, il brand si è distinto per un’estetica provocatoria e un approccio etico alla produzione. Ma ti sei mai chiesto cosa si cela dietro il successo di un marchio tanto amato? Dietro le quinte si nascondono contraddizioni e scandali che hanno portato alla sua rovina. Questo è il tema centrale del documentario ‘Trainwreck: The Cult of American Apparel’, rilasciato su Netflix il 1° luglio.
La nascita di un’icona
Era il 1989 quando Dov Charney, un canadese con una passione per la moda, fondò American Apparel a Montreal. La sua visione era chiara: creare un marchio che fosse diverso, etico e radicato nel territorio, evitando la produzione all’estero. Così, spostò la sede a Los Angeles e iniziò a produrre abbigliamento di qualità, pagando i lavoratori più del minimo sindacale. Questa scelta iniziale contribuì a costruire un’immagine positiva del brand, vista come un’alternativa alle pratiche commerciali più spietate dell’industria. Ma quanto è importante la trasparenza nella produzione? American Apparel non era solo un marchio, ma un vero e proprio stile di vita. Con i suoi leggings lucidi, felpe fluo e maglie a tinta unita, ha catturato l’attenzione di una generazione. I modelli, spesso impiegati stessi dell’azienda, posavano senza ritocchi, in una celebrazione della bellezza naturale. Celebrità come Beyoncé e Rihanna indossavano i capi, rendendo il marchio ancora più desiderabile. L’estetica era minimalista, ma carica di significato, creando un culto di seguaci.
Il lato oscuro del culto
Tuttavia, dietro questa facciata scintillante si nascondeva un ambiente di lavoro tossico. Charney, descritto come un predicatore, mescolava vita privata e professionale in modo incontrollato. Le sue richieste di reperibilità erano incessanti, e le ‘Dov Girls’, ragazze legate a lui in vari modi, occupavano ruoli ambigui nell’azienda. Per molti, entrare in questo circolo significava rinunciare a qualsiasi forma di privacy. Ti sei mai chiesto quale sia il prezzo da pagare per lavorare in un ambiente così intenso? Il marchio si è trovato in una spirale di contraddizioni. Se da un lato Charney si batteva per cause sociali, come la campagna “Legalize LA”, dall’altro si trovava coinvolto in accuse di molestie sessuali. Il documentario mette in luce testimonianze di ex dipendenti che denunciano episodi gravi, creando un contrasto tra l’immagine progressista del marchio e la realtà interna. Charney ha sempre negato le accuse, ma la sua reputazione ha subito un colpo devastante.
Il declino e la rinascita
Il declino di American Apparel inizia con le prime accuse pubbliche. Nel 2014, Charney viene licenziato e l’azienda dichiara bancarotta l’anno seguente. La situazione si complica ulteriormente nel 2016, quando il marchio perde completamente la sua identità originale, trasformato in un e-commerce dal gruppo Gildan Activwear. Ma c’è sempre spazio per una rinascita? Charney, tuttavia, non si arrende e lancia Los Angeles Apparel, cercando di ricostruire il suo impero perduto. Oggi, American Apparel esiste solo come negozio online, ma la sua eredità vive nei cuori di molti che rimpiangono l’estetica hipster-sexy degli anni 2000. La storia di questo marchio non è solo quella di un declino commerciale, ma un racconto di aspirazioni, contraddizioni e il prezzo da pagare per sentirsi parte di un movimento. ‘Trainwreck: The Cult of American Apparel’ offre uno sguardo critico su come un sogno possa rapidamente trasformarsi in incubo.